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«Sono pazza di te. Pazza di te. Pazza di te.»

Di teorie della cospirazione i nostri tempi sono pieni, ma vivere dentro a una di esse significa contrarre la fobia del mondo. Ignorai i messaggi che Colgate mandava al mio telefonino e al mio terminal: chissà che non covasse pure lei un qualche piano oscuro! Cominciavo a osservare ogni cosa da un'angolazione diversa, tanto che mi venne il magone. Sentendomi spiato, mi misi a lavorare sul serio. Ripassando le direttive speditemi da Jamil, mi venne in mente di organizzare una riunione con uno dei committenti per valutare il progetto di riconversione dei processi di delivery. Il prodotto in questione era un nuovo nanoelaboratore. Preparai un'accurata analisi comparativa delle vendite al dettaglio dei primi esemplari immessi sul mercato statunitense, uno studio d'incapsulamento e alcuni protocolli d'interoperabilità. (Ormai parlavo e ragionavo come loro. Forse il mio cervello era reso anemico dalla cravatta che mi stringeva il collo...) Consegnai infine un grosso fascicolo all'allibita Marilinda, pregandola di farlo recapitare all'Area Analisi del Mercato. Credevo che quella fosse la giusta destinazione...

La risposta mi arrivò non prima di due giorni dopo. Il tono era freddo, sprezzante:

"Stimato collega,
temo che ci sia un profondo misunderstanding nella visione che lei ha dei
rapporti tra il suo settore e il nostro. Capisco che, essendo stato assunto
da poco, non le siano ancora chiare le funzioni che le competono. Lei avrebbe
dovuto rivolgersi a un qualsiasi Longterm-Fellow della Business Unit della zona
in questione. Comunque, per facilitarle la comprensione di quanto ci si attende
da lei, le invio in allegato un organigramma aggiornato della nostra corporation.
Le consiglio di studiarlo con attenzione.

Saluti,
ecc. ecc."


"E tu", mi dissi, "gli vai a parlare di incapsulamento e protocolli d'interoperabilità? Sei già fortunato che non ti abbia chiesto chi sei e come hai fatto a entrare!"

Delusione e senso di colpa mi spinsero a dare una scorsa all'organigramma. Non vidi il mio nome da nessuna parte. Là in basso c'era quello di Jamil, scritto a caratteri piccolissimi. In capo a tutti spiccava uno strano nome; sembrava più che altro un nomignolo: "Mister Info". Per il resto, mi sembrava che si trattasse di una gerarchia fittizia, con tutte quelle ramificazioni e tutte quelle freccette.

La natura della Kosmos Enterprise rimaneva per me un rebus. Ma, anziché lasciarmi cadere nell'abulia, andai a confidarmi con Allen.

«E tu ti sorprendi?» mi investì lui. «La Kosmos è solo il giocattolo di Aleph. Da qui l'assunzione di personale atipico, tipo genietti informatici, ex drogati e ragazze come quella... quella....»

«Colgate.»

«Proprio. Il computer centrale riduce la vostra vita a una soap opera. Vi costringe a non fare nulla, a prendervi in giro a vicenda e a riempire di svaghi dozzinali gli spazi binari di zero e di uno. L'organizzazione è per Aleph uno strumento operativo, ma anche una proiezione della vita sulla Terra. Persino l'amore si riduce a un tentativo di intrattenimento teatrale e affabulatorio... Il gioco, però, è pericoloso. La Kosmos è il cancro dell'èra moderna! Assorbe tutto, fa tutto suo... Basta gettare uno sguardo alla nostra città. Qui sono stati già rilevati circoli culturali, teatrini off-off, piccoli editori e persino congreghe religiose. Che poi eventualmente verranno liquidati. Noi cittadini non dobbiamo più pensare a cose belle ed elevate: ordine di Aleph. È un vero e proprio overkill dei sentimenti.»

Mi massaggiai la faccia con entrambe le mani, stanco, dubbioso. Fino a pochi giorni prima ridevo di Allen e di quelle che reputavo leggende metropolitane. Pensavo che, a causa delle sue idee strambe che tanto sapevano di New Age, a lui non sarebbe mai riuscito di strisciare fuori dal ghetto sociale. Pensavo che sarebbe rimasto un perdente, uno dei tanti depressi e stanchi che sono incatenati gli uni agli altri da anelli invisibili. E forse era proprio così; forse lo era, un eterno perdente. Eppure, quel che diceva non suonava insensato.

E adesso scoprivo che era tutto vero. L'"oscura macchinazione", di cui mi ero fatto beffe, si presentava alla mia mente come una plateale ovvietà.

Sbuffai. Oh, perché non si può spegnere tutto con un solo clic?

«Ad Aleph piace giochicchiare con voi. Intanto, fa di tutto perché ovunque nel mondo la crisi imperi sovrana. Quando la coscienza delle masse raggiungerà lo stesso livello delle azioni in permanente calo, ciascuno si convincerà che l'unica possibilità per uscire dal ginepraio è affidarsi completamente a lui. Da qui questa mania per la biotech: oggi le piante, domani noi. Aleph aspira a divenire la macchina della condizione perpetua. E i suoi adepti non possono certo permettere che il cervello umano sia un muscolo: deve diventare anch'esso una macchina...»

«Gelatina catodica», osservai soprappensiero.

«E tu ti ostini a voler lavorare in quella ditta? È una scelta tua.»




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